OBOR Investimenti cinesi nel Mediterraneo
strategici per aumentare i flussi inland
L'aumento del traffico
marittimo mondiale previsto, nonostante le incertezze, anche nei prossimi anni,
è certamente uno dei fattori che spinge i capitali cinesi a investire, anche in
Europa e nel Mediterraneo, nelle infrastrutture portuali e logistiche.
Al puro
elemento di gestione delle opportunità di business nel servizio terminalistico,
si aggiungono, naturalmente, anche obiettivi maggiormente strategici e di lungo
periodo, quale ad esempio quello della penetrazione nel sistema europeo
dell'offerta di infrastrutture (es. industria della costruzione, ecc.) e delle
catene logistiche.
Il Mediterraneo è un’area di crescente interesse anche per i
capitali cinesi: il traffico container, ad esempio, nel Mediterraneo, nel corso
degli ultimi anni, ha aumentato il proprio ruolo rispetto a quello
nord-europeo.
Anche recentemente, il traffico intermodale negli scali italiani
sta mostrando tassi elevati di crescita - a Trieste, Livorno-Piombino e
Genova-Savona - peraltro non solo nel segmento container ma anche in quello
Ro-Ro.
Ma quali sono le
opportunità che questi sviluppi aprono per i porti e interporti italiani?
Gli
investimenti cinesi, in generale, possono rinforzare, nei prossimi anni, un
sistema infrastrutturale/logistico portuale come quello italiano che ha mostrato
diverse debolezze sul piano tecnico ma anche sul piano economico-finanziario.
La buona integrazione fra controllo di alcuni flussi marittimi e le
infrastrutture che il "sistema Cina" può mettere in campo, con il
supporto del settore pubblico, rende immaginabile una certa capacità di
"stare sul mercato" degli investimenti nei porti, pur senza che si
debba immaginare che l'investimento straniero possa, di per sé, aumentare il
totale dei flussi “inland” generati, che dipendono alla fine (se si esclude il
transhipment) dal livello complessivo della domanda e della produzione europea.
Vi sarà, piuttosto,
l’obiettivo di reindirizzare geograficamente alcuni flussi: il fronte del Sud
Europa e l'Italia (in particolare nei porti "ascellari" della Liguria
e dell'Adriatico nord-orientale) hanno infatti opportunità di ampliare il
proprio ruolo rispetto ai porti del Nord Europa, ad esempio per servire le aree
dell’Europa Centrale e Orientale, in notevole sviluppo.
Anche per gli interporti,
o gli inland terminal, vi sono anche delle opportunità di investimenti esteri,
che potrebbero sostenere la crescita delle quote, soprattutto qualora i
maggiori investimenti e i maggiori flussi facessero aumentare, grazie a una
miglior convenienza logistica, il ricorso alla ferrovia. Ma anche in questo
caso si tratterà di re-indirizzo geografico di flussi, più che di
"creazione dal nulla" di opportunità.
Ci si interroga spesso
anche sul possibile ruolo dei porti di transhipment in relazione agli
investimenti cinesi.
I costi del transhipment in Italia sono destinati a
rimanere più alti di quelli ottenibili in altri paesi. La posizione non
ottimale del paese rispetto alle rotte più rapide non sembra permettere di
presagire una "seconda primavera" del “transhipment italiano”, come
funzione di d’interscambio puro fra le grandi rotte oceaniche.
Potrebbero
invece aumentare le funzioni di transhipment di porti misti accentratori
caratterizzati da funzioni "gate+hub" (es, Hub Regionali, nel Mare
Adriatico nord-orientale o Mare Ligure) dotati di infrastrutture adeguate (alti
fondali, ecc.) e capaci di concentrare flussi notevoli.
Resta una domanda. Se la
differenza tra i porti italiani rispetto ai grandi scali del Nord-Europa la
fanno la qualità e l’affidabilità dei sistemi di terra collegati ai porti,
quali reali opportunità ha l'Italia di competere, se non in virtù di un miglior
posizionamento geografico?
A questo
proposito, il posizionamento geografico è certo un valore importante e non deve
essere "screditato"; anzi, deve essere valorizzato proprio là dove vi
sono ancora potenziali inespressi.
Oggi l'Italia si trova, ad esempio per quel
che concerne i porti del Mare Adriatico nord-orientale, in una posizione
invidiabile per svolgere funzioni di gate (ferroviario) per l'entroterra
dell'Europa centro-orientale, ad esempio nel raggio dei 700-1000 Km, regione
nella quale la produzione industriale, e quindi l'import-export marittimo,
cresce molto di più che nell'Europa occidentale.
É chiaro che questa partita si
può vincere se la qualità e l'affidabilità dei sistemi e delle connessioni
(infrastrutture e servizi, a partire da quelli ferroviari) è di livello
adeguato. Ed è anche a questo che puntano i cinesi.
Vittorio Alberto
Torbianelli *
* Professore di Economia
Applicata; Università degli Studi di Trieste – DEAMS (Dipartimento di Scienze
Economiche, Aziendali, Matematiche e Statistiche “Bruno De Finetti”).
Martedì, 26 Settembre,
2017
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