giovedì 9 giugno 2016

IL MESSAGGERO VENETO E L'INTERVISTA A ROBERTO WEBER

Quale risultato prevede Roberto Weber per il ballottaggio triestino ?

Le sue dichiarazioni sono state citate da Roberto Dipiazza nel confronto a RING su TELE4 e le abbiamo recuperate sul blog indipendentista Rinascita Triestina
Pensiamo che sia utile ai lettori di FAQ TRIESTE conoscere queste considerazioni:





 Messaggero Veneto 7 giugno 2016         

Il sondaggista Roberto Weber " Ai ballottaggi il gap è incolmabile Bolzonello esce dal voto danneggiato "

di ANNA BUTTAZZONI


«Purtroppo avevo ragione». Comincia dal dato di Trieste l’analisi di Roberto Weber, presidente dell’Istituto di ricerche Ixè. Un dato che vede il sindaco uscente del Pd Roberto Cosolini al ballottaggio contro Roberto Dipiazza (centrodestra), ma sotto di 11,5 punti percentuali (11 mila 218 voti). 

Un gap che secondo il sondaggista sarà difficile da recuperare, a Trieste come a Pordenone dove Alessandro Ciriani (centrodestra) chiude il primo turno avanti di 12,2 (3 mila 064 voti) punti su Daniela Giust (Pd). 


Il suo pronostico era giusto, disse «Cosolini arriverà al ballottaggio ma non da primo». Per il secondo turno cosa prevede? «Purtroppo ha perso Cosolini, dico purtroppo perché non sono rassicurato dal centrodestra, non tanto da Dipiazza che con un adeguato gruppo di persone farebbe bene, quanto da Fi e Lega, una compagnia di giro che non mi rassicura. 

La città ha impegni importanti, ha scadenze, opportunità, una certa chiave di sviluppo e non sarà semplice da governare. Quel gap secondo me non si recupera, potrà esserci un po’ di recupero a centrosinistra ma accadrà lo stesso al centrodestra. Posso sbagliarmi e può accadere di tutto, ma ritengo che una parte di voti del M5s andrà a Cosolini, una parte minore a Dipiazza e molto si tradurrà in astensione. Non vedo poi il piglio giusto da parte di Cosolini per recuperare, mi sembra complicato». 

E a Pordenone come vede il secondo round della sfida? 

«A Pordenone sarà sufficiente riportare a votare il proprio elettorato, anche in questo caso con un distacco di 12 punti mi pare molto complicato. In questo scenario a essere un po’ danneggiato in chiave futura è Sergio Bolzonello, che ha fatto bene da sindaco e alle regionali, e proprio per questo vuol dire che viene un po’ a mancare il suo bacino elettorale, che per lui significa essere meno solido, un po’ meno solido rispetto a tre ani fa. 

Penso anche che se Ciriani, che personalmente non conosco, ha fatto quel risultato vuol dire che ha fatto bene, anche nella sua esperienza precedente da presidente della Provincia». 

Quindi Cosolini non ha fatto bene? «A Trieste Cosolini ha un gradimento personale limitato, ma pesa anche la difficoltà del Pd che non ha sfondato al centro, che è il disegno di Renzi legato a far breccia in settori che non erano presidiati dal Pd. 

Pensi all’esperienza di Riccardo Illy, esperienza che è stata costruita come coalizione nel momento in cui l’imprenditore era in una fase brillante, ma ha contato l’arco coalizionale così articolato che è stato creato attorno a lui e al progetto. Che è poi l’idea del presidente del Consiglio Matteo Renzi, quella cioè di sfondare in aree precluse al Partito democratico, ma mentre a livello nazionale può centrare il risultato, perché ha forte appeal diretto, dove ci sono elementi di intermediazione, dove ci sono cioè sindaci o presidenti da eleggere, per il premier è più complicato. 

Secondo me Renzi vincerà il referendum Renzi e penso invece che per i ballottaggi potrà dare poco una mano, perché è bravo sul piano nazionale, dove persegue il suo modello politico, con la centralizzazione massima e poca intermediazione». 

A urne chiuse in Fvg ha votato il 56,66 per cento degli elettori, in Italia il 62,14. 

La stupisce questa controtendenza? «Un po’ mi impressionano sì i quasi 5,5 punti in meno in regione, dove di solito si tiene o si supera la tendenza nazionale. Vuol dire che c’è un tessuto che si è lacerato, quello del rapporto tra partiti ed elettori, e che c’è una quota di persone che non deve dipendere dalle scelte della politica e questo condiziona il voto. 

Il Fvg era un po’ come l’Emilia Romagna, eravamo bravi ad andare alle urne. Invece oggi la politica interessa poco, la gente va in gita. 

E poi veniamo da una crisi lunghissima, cui non eravamo preparati, e questo provoca un senso di isolamento e sradicatezza, mentre resto convinto che ci sia un’altra importante quota di elettori che ha buone forma di garanzie, anche economiche, per cui può fare a meno della politica e quindi andare a votare non serve». 

Resta convinto che non sia stato un test per i Governi nazionale e regionale? «Sì. C’è una corrente di tendenza nazionale, ma non è contro il Governo, non ci credo, perché in queste amministrative pesa il riflesso locale. Se tornassimo al voto domani non avremmo nazionalmente gli stessi risultati». 

Quale risultato nazionale la sorprende di più? «Un po’ Milano, perché ero sicuro che Giuseppe Sala avrebbe raccolto di più e invece il risultato mi fa dire oggi che Stefano Parisi sul piano personale, del percepito che un elettore ha di lui, è più bravo, viene visto come più autentico, meno imbarazzato di Sala e oggi questo aspetti contano tanto. Sala viveva di un grande entusiasmo dato dall’Expò, ma l’esito del voto vuol dire che si è mosso non bene, che ha accumulato tossine. Però, attenzione, può vincere». 

Anche Roma è già conquistata? «Roma sì da Virigina Raggi ed era ampiamente prevedibile». Il M5s invece perché non sfonda? «Prenda il candidato di Milano dei 5 stelle, era piuttosto improbabile, è uno che se io fossi stato un arciconvinto del Movimento non lo avrei votato. Non sfondano perché non hanno persone valide sul piano locale e a Nordest e in Friuli subiscono la concorrenza della Lega sul piano dell’antipolitica».

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