Le sue dichiarazioni sono state citate da Roberto Dipiazza nel confronto a RING su TELE4 e le abbiamo recuperate sul blog indipendentista Rinascita Triestina
Pensiamo che sia utile ai lettori di FAQ TRIESTE conoscere queste considerazioni:
Messaggero Veneto 7 giugno 2016
Il sondaggista Roberto Weber " Ai ballottaggi il
gap è incolmabile Bolzonello esce dal voto danneggiato "
di ANNA BUTTAZZONI
«Purtroppo avevo ragione».
Comincia dal dato di Trieste l’analisi di Roberto Weber, presidente
dell’Istituto di ricerche Ixè. Un dato che vede il sindaco uscente del Pd
Roberto Cosolini al ballottaggio contro Roberto Dipiazza (centrodestra), ma
sotto di 11,5 punti percentuali (11 mila 218 voti).
Un gap che secondo il
sondaggista sarà difficile da recuperare, a Trieste come a Pordenone dove
Alessandro Ciriani (centrodestra) chiude il primo turno avanti di 12,2 (3 mila
064 voti) punti su Daniela Giust (Pd).
Il suo pronostico era giusto, disse
«Cosolini arriverà al ballottaggio ma non da primo». Per il secondo turno cosa
prevede? «Purtroppo ha perso Cosolini, dico purtroppo perché non sono
rassicurato dal centrodestra, non tanto da Dipiazza che con un adeguato gruppo
di persone farebbe bene, quanto da Fi e Lega, una compagnia di giro che non mi
rassicura.
La città ha impegni importanti, ha scadenze, opportunità, una certa
chiave di sviluppo e non sarà semplice da governare. Quel gap secondo me non si
recupera, potrà esserci un po’ di recupero a centrosinistra ma accadrà lo
stesso al centrodestra. Posso sbagliarmi e può accadere di tutto, ma ritengo
che una parte di voti del M5s andrà a Cosolini, una parte minore a Dipiazza e
molto si tradurrà in astensione. Non vedo poi il piglio giusto da parte di
Cosolini per recuperare, mi sembra complicato».
E a Pordenone come vede il
secondo round della sfida?
«A Pordenone sarà sufficiente riportare a votare il
proprio elettorato, anche in questo caso con un distacco di 12 punti mi pare
molto complicato. In questo scenario a essere un po’ danneggiato in chiave
futura è Sergio Bolzonello, che ha fatto bene da sindaco e alle regionali, e
proprio per questo vuol dire che viene un po’ a mancare il suo bacino
elettorale, che per lui significa essere meno solido, un po’ meno solido
rispetto a tre ani fa.
Penso anche che se Ciriani, che personalmente non
conosco, ha fatto quel risultato vuol dire che ha fatto bene, anche nella sua
esperienza precedente da presidente della Provincia».
Quindi Cosolini non ha
fatto bene? «A Trieste Cosolini ha un gradimento personale limitato, ma pesa
anche la difficoltà del Pd che non ha sfondato al centro, che è il disegno di
Renzi legato a far breccia in settori che non erano presidiati dal Pd.
Pensi
all’esperienza di Riccardo Illy, esperienza che è stata costruita come
coalizione nel momento in cui l’imprenditore era in una fase brillante, ma ha
contato l’arco coalizionale così articolato che è stato creato attorno a lui e
al progetto. Che è poi l’idea del presidente del Consiglio Matteo Renzi, quella
cioè di sfondare in aree precluse al Partito democratico, ma mentre a livello
nazionale può centrare il risultato, perché ha forte appeal diretto, dove ci
sono elementi di intermediazione, dove ci sono cioè sindaci o presidenti da
eleggere, per il premier è più complicato.
Secondo me Renzi vincerà il
referendum Renzi e penso invece che per i ballottaggi potrà dare poco una mano,
perché è bravo sul piano nazionale, dove persegue il suo modello politico, con
la centralizzazione massima e poca intermediazione».
A urne chiuse in Fvg ha
votato il 56,66 per cento degli elettori, in Italia il 62,14.
La stupisce
questa controtendenza? «Un po’ mi impressionano sì i quasi 5,5 punti in meno in
regione, dove di solito si tiene o si supera la tendenza nazionale. Vuol dire
che c’è un tessuto che si è lacerato, quello del rapporto tra partiti ed
elettori, e che c’è una quota di persone che non deve dipendere dalle scelte
della politica e questo condiziona il voto.
Il Fvg era un po’ come l’Emilia
Romagna, eravamo bravi ad andare alle urne. Invece oggi la politica interessa
poco, la gente va in gita.
E poi veniamo da una crisi lunghissima, cui non
eravamo preparati, e questo provoca un senso di isolamento e sradicatezza,
mentre resto convinto che ci sia un’altra importante quota di elettori che ha
buone forma di garanzie, anche economiche, per cui può fare a meno della
politica e quindi andare a votare non serve».
Resta convinto che non sia stato
un test per i Governi nazionale e regionale? «Sì. C’è una corrente di tendenza
nazionale, ma non è contro il Governo, non ci credo, perché in queste
amministrative pesa il riflesso locale. Se tornassimo al voto domani non
avremmo nazionalmente gli stessi risultati».
Quale risultato nazionale la
sorprende di più? «Un po’ Milano, perché ero sicuro che Giuseppe Sala avrebbe
raccolto di più e invece il risultato mi fa dire oggi che Stefano Parisi sul
piano personale, del percepito che un elettore ha di lui, è più bravo, viene
visto come più autentico, meno imbarazzato di Sala e oggi questo aspetti
contano tanto. Sala viveva di un grande entusiasmo dato dall’Expò, ma l’esito
del voto vuol dire che si è mosso non bene, che ha accumulato tossine. Però,
attenzione, può vincere».
Anche Roma è già conquistata? «Roma sì da Virigina
Raggi ed era ampiamente prevedibile». Il M5s invece perché non sfonda? «Prenda
il candidato di Milano dei 5 stelle, era piuttosto improbabile, è uno che se io
fossi stato un arciconvinto del Movimento non lo avrei votato. Non sfondano
perché non hanno persone valide sul piano locale e a Nordest e in Friuli
subiscono la concorrenza della Lega sul piano dell’antipolitica».
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