lunedì 19 settembre 2016

FAQ TRIESTE INTERVISTA IL SENATORE FRANCESCO RUSSO SULLA SDEMANIALIZZAZIONE DEL PORTO VECCHIO












1) Le abbiamo proposto questa intervista con la premessa che non saranno domande agevoli o compiacenti. 
La vicenda per quanto La riguarda inizia con l’approvazione del suo emendamento che sdemanializza il Porto vecchio, e fissiamo la data che è il 20 dicembre 2014. Per completare l’informazione possiamo raccontare che tra i tanti incontri che Lei ha avuto prima di presentare l’emendamento ha incontrato anche una parte dei collaboratori del nostro blog. Lo ha fatto sapendo che c’erano delle contrarietà ma giustamente voleva raccogliere anche le obiezioni prima di passare all’azione parlamentare. Qual è il suo bilancio dei risultati a meno di due anni dal blitz parlamentare sulla sdemanializzazione?

Mi fa piacere venga ricordato che prima della mia azione parlamentare ho dedicato spazio e tempo al confronto con i cittadini. C’è chi mi ha rinfacciato di aver fatto le cose di nascosto al di fuori della legge…



Quanto al bilancio, come ho già avuto modo di sottolineare più volte, credo che, seppure con un eccesso di lentezza, in questi mesi siano stati fatti alcuni importanti passi in avanti. Penso soprattutto alla complessa procedura di spostamento dei punti franchi portata a compimento con successo assieme al Commissario D’Agostino e al Segretario Generale Sommariva e grazie al grande impegno della Prefetta Garufi. C’è chi diceva che il mio emendamento avrebbe soppresso i punti franchi, invece in accordo anche con le indicazioni degli spedizionieri e degli operatori, non solo non sono stati soppressi ma sono stati spostati lì dove, in effetti, possono essere utili. In Porto Vecchio, sia per lo stato di abbandono in cui versa l’area, sia per le diverse esigenze che la portualità moderna richiede, erano pressoché inutili.

Allo stesso modo, con grande onestà, trascorsi due anni rilevo che, qualcosa in più poteva essere fatto e che serve ora un cambio di velocità. Mi riferisco in particolare al modello di gestione futura dell’area, su cui, finora non si è lavorato. Il Comune non ha ancora individuato chi, con quali risorse e in che modo gestirà concretamente la riqualificazione dei magazzini. È assurdo pensare che il Sindaco o un assessore lavori part-time al progetto. Serve un soggetto competente che si occupi a tempo pieno del dossier.

Io ho proposto la creazione di una società pubblica, con una struttura snella e gestita da un manager preparato ed esperto in riqualificazioni di grandi aree urbane in cui la maggioranza sia detenuta dal Comune di Trieste ma preveda, ad esempio, partecipazioni anche da parte della Regione, dell’Autorità Portuale e di Invitalia, l’Agenzia Nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa. Questi tre soggetti, insieme al Comune, potrebbero contribuire inizialmente con risorse necessarie alla fase di start-up.

Tutto ciò sarebbe già potuto essere realizzato da parte della giunta Cosolini e spero che adesso la nuova Amministrazione non perda ulteriore tempo. Qualcuno si è un po' risentito di questa mia insistenza sottolineando come io non abbia esperienza amministrativa. Peccato che questa indicazione sia arrivata direttamente dal Presidente ANAC Cantone - che mi sembra abbia gestito in maniera egregia il dossier di Expo - con cui ho avuto più volte occasione di confrontarmi e che peraltro è venuto personalmente a visitare l’area.


2) Vediamo ora uno a uno i vari passaggi critici che noi avevamo riassunto nelle domande sulla magica sdemanializzazione.
Lei e gli altri politici vi riferite sempre agli investimenti necessari per l’area del PV dimenticando che il ragionamento dovrebbe partire dal valore stimato di quell’area. Se l’operazione di sdemanializzazione punta alla vendita di quelle aree a che prezzo è giusto che il Comune le metta in vendita? Esiste una stima fatta dall’Agenzia del Territorio del valore di quelle aree ?

Dal mio punto di vista spetta alla parte pubblica attraverso la società di gestione e con la competenza dell’advisor, quantificare il valore dell’area per poi verificarlo con gli orientamenti del mercato. Io di certo (come nessun altro politico...)  posso avere competenze così specifiche per rispondere ora con una stima realistica.
Personalmente, però, non considererei un problema vendere o dare in concessione l’area ad un prezzo più basso a patto che tutti gli oneri urbanizzazione primaria (strade, fogne, illuminazione pubblica, rete di distribuzione energia elettrica e gas, aree per parcheggio, infrastruttura ione tecnologica), siano a carico dei privati.

3) Se non si stabilisce un valore minimo ben definito si rischia di cedere sottoprezzo un bene pubblico con il conseguente danno erariale?
Non credo proprio sia questo il rischio. Le manifestazioni informali di interesse ci dicono che potrebbero non mancare i pretendenti. Ma va detto che il valore di un'area così particolare non è definibile a tavolino, magari da un dirigente del Ministero. E voglio sottolineare che il nostro primo obiettivo non è quello di "fare cassa" quanto quello di ottenere investimenti che trasformino quel sito dandogli valore aggiunto e portando sul nostro territorio imprenditori e attività economiche che creino sviluppo per Trieste e per i triestini nei prossimi 50 anni.

4) Ora per poter vendere quelle aree il Comune deve diventare proprietario a tutti gli effetti e qui scatta l’operazione di intavolazione (con tutti i problemi che comporta) ma scattano anche i costi della procedura. L’emendamento non prevede indennizzi al Comune per le spese sostenute ed è netto sul fatto che tutto il ricavato delle eventuali vendite andrà all’Autorità Portuale. 

Quindi il Comune metterà nel suo bilancio queste proprietà, spenderà i soldi dei contribuenti per entrarne in possesso e poi verserà tutti i ricavati all’APT. Questo metodo come regge dal punto di vista delle spese e ricavi del comune in particolare ?

Dei 50 milioni che sono arrivati dal Ministero una parte servirà anche a sostenere una parte dei costi necessari a far partire la procedura di recupero dell’area. Ma evidentemente non basta: ecco perché continuo a insistere sulla creazione di una società pubblica a maggioranza del Comune ma partecipata anche da Regione, Autorità Portuale ed Invitalia. In questa prima fase di start-up una parte dei costi possono essere sostenuti da soggetti diversi. Ad ogni modo voglio sottolineare che nella legge nulla vieta (e nel caso servisse scriveremo una norma che lo specifichi) che il Comune destini i proventi delle cessioni all'Autorità Portuale dedotti i costi sostenuti in questi anni. Ma davvero spero che nessuno utilizzi questo tema o la presunta difficoltà di intavolazione per prolungare i tempi al di là di qualche fisiologica settimana di lavoro.


5) Analogo ragionamento va fatto per quanto riguarda gli investimenti che il pubblico – Comune o anche i 50 milioni del Ministero dei Beni Culturali – farà per rendere conveniente l’acquisto delle aree da parte dei privati. Anche qui soldi pubblici che a fine operazione andranno nelle casse dell’Autorità portuale. Riconosciamo che l’emendamento prevede che l’APT investirà questi ricavi nel potenziamento del Porto nuovo e quindi i soldi troveranno un impiego produttivo ma rimangono alcune zone oscure in questi passaggi. Cosa succederà se poi non ci saranno acquirenti o se vendendo a prezzo di mercato si tratterà di una svendita?
Non è facile realizzare ottimi ricavi quando nella stessa operazione il prezzo finale viene determinato da una lunga trattativa tra investimento pubblico e privato!

Io proverei a essere un po’ più ottimista. Sia riguardo alla capacità d’interazione tra pubblico e privato, sia sulla possibilità di trovare investitori disposti a pagare il “prezzo giusto” per la concessione o l’acquisto delle aree di Porto Vecchio. In questi due anni ho avuto la possibilità di parlare più volte sia con broker immobiliari che lavorano sulla piazza di Londra, sia con esperti che, all’interno delle società di consulenza, hanno un expertise particolare sul recupero di grandi aree industriali cittadine. Tutti mi hanno confermato che l’area è potenzialmente appetibile. Anche perché, guardando il contesto macroeconomico attuale, in un periodo in cui in un le rendite finanziare garantiscono ritorni molto bassi, sono convinto che un investimento come quello in Porto Vecchio - probabilmente l’area libera più pregiata nel Mediterraneo, fronte mare in una delle città più belle d’Europa - può davvero rappresentare un’ottima opportunità di investimento per molti fondi internazionali. Penso ai grandi fondi sovrani degli Emirati Arabi Uniti, del Qatar, della Norvegia, Cina e Singapore oppure a multinazionali immobiliari come Hines tanto per fare alcuni esempi.

UNO DEI TANTI MASTERPLAN PRESENTATI
6) Il Sindaco Dipiazza, l’ex sindaco Cosolini e Lei parlando della possibilità di realizzare un recupero del porto vecchio simile a quello di altre città come Amburgo, Genova e Barcellona citate i 650.000 metri quadrati come una grande opportunità. 
Gli esempi relativi alle altre città hanno dimensioni demografiche e contesti territoriali con cui interagiscono economicamente molto più grandi. Quindi bilanci cittadini più ricchi. Poi le dimensioni effettive delle aree recuperate sono più piccole. Lei è certo che una grande area sia un vantaggio e che invece l’ampiezza della zona da ristrutturare non sarà un problema perché serviranno tanti più soldi ?

Questa è un’operazione che va finanziata al 99% con investimenti privati. Come è noto a tutti né il Comune, né la Regione, né l’Autorità Portuale, né il Governo centrale hanno la possibilità di investire miliardi di euro in Porto Vecchio.
La grandezza dell’area che ovviamente moltiplica il coefficiente di difficoltà dell’operazione non mi sembra essere uno scoglio insormontabile. E a detta degli operatori specializzati moltiplica anche le opportunità di far coesistere diverse iniziative in grado di valorizzarla. A patto che si affronti, fin da subito, il dossier in maniera professionale, così come, ad esempio, vengono gestite tipologie di investimenti simili a Londra, Madrid, Barcellona o Milano. Serve una visione unica e chiara su quali siano le direttrici di sviluppo da seguire nel progetto di riqualificazione. Questo è un lavoro, lo ripeto, che io affiderei alla società che dovrà gestire il recupero dell’area assieme all’advisor. Una volta individuata la percentuale della superficie adibito ad esempio al verde pubblico, alle attività commerciali industriali, a quelle culturali e di ricerca, alla nautica, al turismo, al residenziale il passo successivo è contattare una grande banca d’affari internazionale che aiuti la società di gestione dell’area e il Comune, ad allacciare i contatti con gli investitori potenzialmente interessati.

7) L’area del PV è regolata dal Piano generale del Porto che dovrà essere integrato nel Piano Regolatore Comunale quando ci sarà il passaggio della proprietà. A quel punto, visti anche i discorsi sulla necessità di inserire una parte residenziale per non avere un deserto notturno, andranno riviste le destinazioni d’uso? Quali conseguenze sui tempi? Quale imprenditore investe oggi senza certezza di procedure e di tempi?

Io credo che una piccola parte di residenziale sia auspicabile. Non si può tenere un quarto della città "fantasma" nelle ore notturne. Per quanto riguarda la quantificazione dei tempi è una domanda da fare al Sindaco, non a me. È chiaro che servono tempi certi: ma più dei processi burocratici a me preoccupa la volontà politica. So che il Sindaco Dipiazza è favorevole a una percentuale di residenzialità in Porto Vecchio ma dovrà certamente chiarirsi con alcune anime della sua coalizione per offrire tutte le garanzie necessarie ai futuri investitori.

8) I cinquanta milioni stanziati dal Ministero dei beni Culturali, vista l’origine dei fondi – la cultura - , hanno condizionato le possibili scelte della nuova amministrazione comunale. Quindi la realizzazione di un Attrattore Culturale Transfrontaliero è quasi un obbligo per ricevere i finanziamenti. 
Il sindaco Dipiazza ha affermato in conferenza stampa che se tutti i 50 milioni fossero stati per le infrastrutture ovviamente il progetto sarebbe stato diverso. Lei crede che i 16,5 milioni saranno sufficienti per l’illuminazione, gli insediamenti nuovi non meglio precisati nel magazzino 26 e la nuova strada “dorsale” lungo tutto il PV ?

Quei soldi ovviamente bastano solo per i primissimi interventi relativi al polo culturale e museale su cui so che si sta già proficuamente lavorando. Ma, come ho più volte ripetuto, mancano le risorse per il rimanente 99% dell'area e l'esperienza di altri Paesi ci dice che spetta agli investitori privati realizzare l'infrastrutturazione. Alla parte pubblica compete definire gli standard di eccellenza e magari suggerire per la parte di tecnologia d'avanguardia la collaborazione con il sistema scientifico triestino.

9) La parte del PV più pregiata è quella dei cinque magazzini in concessione a GreenSisam perché è la più vicina al centro cittadino. Dalla concessione a Greensisam del 2004 è iniziata una lunga vertenza anche giudiziaria sui lavori di urbanizzazione dell’area (sistemazione del torrente Chiave e fognature la fetta più importante e costosa) tra Comune, la società che fa capo a Pierluigi Maneschi e l’ApT. Secondo Lei a chi spettano i lavori e come vanno ripartite le spese ? Come giudica le affermazioni di Cosolini sulla possibilità pressochè immediata di vendita da parte di Maneschi ? E la revoca al permesso a costruire dell’attuale sindaco Dipiazza è un atto dovuto o una scelta politica?

Registro solamente che i ritardi e le incertezze hanno fatto allontanare investitori internazionali che si sono stufati di attendere mancanza di interlocutori. Credo che se il Comune fosse già entrato in possesso dell'area si sarebbe potuto già trovare il modo di risolvere il problema e di iniziare la riqualificazione.

10) Noi comprendiamo che per illustrare le tante potenzialità di un’area così vasta parlandone Lei possa indicare anche la possibilità di un parco urbano sul modello di Central Park a New York, ma è ovvio che un parco urbano non può generare quei profitti necessari a ripagare gli ingenti investimenti. Ne conviene?

Questa tipologia d‘interventi (penso al parco, ma anche alla spiaggia di Barcola) rientrerebbero nei cosiddetti oneri di urbanizzazione. È una prassi piuttosto comune in tutti i grandi progetti di riqualificazione di aree urbane: il soggetto pubblico cede l’area a privati e oltre a incassare i proventi derivanti dalla vendita, inserisce nelle clausole dell’accordo anche l’obbligo da parte dell’investitore di realizzare una o più opere destinate alla collettività. Inoltre questi progetti di pubblica utilità sono anche utili a qualificare e rendere più attrattiva l'area. Un albergo accanto ad una bella spiaggia o un ufficio con vista su un grande parco valgono certamente di più...

11) C’è un calo demografico documentato, ci sono aree dismesse (Fiera, caserme, ecc.) in città, grossi gruppi finanziari hanno messo in vendita i loro patrimoni immobiliari. Lei vede profilarsi il rischio di una perdita di valore delle aree e degli immobili con un lungo periodo di svendite? C’è ancora la necessità di cementificare altre zone o tutta l’edilizia deve dedicarsi esclusivamente al recupero e riammodernamento dell’esistente che è già sovrabbondante?

Bisogna innanzitutto analizzare le cause per le quali in una città come Trieste, negli ultimi 10 anni, gli immobili hanno perso mediamente il 30% del loro valore, molto più di quanto avvenuto in altre città italiane. Trieste, è una città progettata per accogliere tra i 250.000 e i 300.000 abitanti: oggi i residenti superano di poco le 200.000 unità e ogni anno continuano a diminuire. Se non invertiamo questo trend il rischio che gli immobili triestini continuino a deprezzarsi è reale. 
L’operazione di riqualificazione di Porto Vecchio serve anche a questo: il problema non è semplicemente trovare i soldi per riqualificare i magazzini. Il punto centrale è attrarre nuove attività produttive, turismo, centri direzionali di grandi multinazionali. Porto Vecchio è l’occasione per ricostruire un tessuto economico che in questi anni a parte alcune (poche) eccezioni sta subendo un declino lento ma inarrestabile. Una cosa, però, deve essere chiara a tutti i decision makers che, a vario titolo, avranno accesso al dossier di riqualificazione dell’area: non possiamo pensare di ristrutturare Porto Vecchio semplicemente per trasferirvi attività che sono già insediate in altre parti di Trieste. Significherebbe mettere una pietra tombale sul progetto e sulla possibilità di rilanciare l’economia triestina. Questa, invece deve essere l’occasione (probabilmente l’ultima dopo le tante perse tante negli ultimi 30 anni)  per aprire la nostra città ai mercati internazionali, invertire il trend demografico, ripopolare la città attraendo investimenti e giovani energie da tutto il mondo.

12) A quale soggetto spetta la definizione del progetto conclusivo che armonizzi le scelte comunali, culturali, dell’APT che rimane a gestire l’area demaniale della banchina e della costa ? Quale autorità stabilirà ad esempio le compatibilità tra il progetto di una stazione marittima per navi da crociera all’Adriaterminal con il progetto complessivo ? A chi spetta redigere il piano complessivo sul Porto vecchio ? Quale il ruolo dell’Advisor ?
La legge affida al Comune, d'intesa con i principali soggetti pubblici e utilizzando le competenze di consulenti come l'advisor, la responsabilità sulle linee guida strategiche per il miglior utilizzo dell'area. Poi, come gia detto in precedenza, è necessario creare in brevissimo tempo una società pubblica incaricata della gestione dei processi.

13) Se mettiamo accanto l’invito a chiudere le polemiche del sindaco Dipiazza e la sua disponibilità a collaborare per la riuscita dell’operazione Porto Vecchio non ci sarebbero domande “politiche “ da farLe.

Proviamo con le istanze indipendentiste. Lasciando perdere alcune esagerazioni e provocazioni la ripresa dei temi indipendentisti ha svolto un ruolo nella sdemanializzazione del Porto vecchio?  Queste rivendicazioni hanno accelerato le reazioni “romane” che per tanti anni avevano accantonato le questioni ?

Onestamente faccio fatica ad essere d’accordo: l’accelerazione non è dovuta alla pressione indipendentista ma piuttosto a una nuova classe politica che a Roma è riuscita dove altri, per decenni, avevano fallito. In questi anni abbiamo lavorato su ciò che era realistico per far crescere la nostra città, compresa la valorizzazione dei Punti Franchi anche riprendendo il tema dei decreti attuativi che sono ora sul tavolo del Ministero.

14) Questo rinnovato interesse per il Porto Franco Internazionale e l’applicazione dell’Allegato VIII ha influito sulle dichiarazione della presidente Serracchiani a favore di una No tax area a Trieste ?

Il tema della no tax area a Trieste è stato affrontato più volte, non è una novità. Negli anni 90 Alfonso Desiata, presidente delle Assicurazioni Generali assieme a Guido Carli, ex governatore della Banca d’Italia, Sergio Coloni ed altri proposero un centro offshore di servizi assicurativi e finanziari in Porto Vecchio. Non ci furono le condizioni politiche per attuarlo, soprattutto in Europa.
Oggi – ed è il motivo per cui la presidente Serracchiani ha fatto un passo in questa direzione – la Brexit sta modificando in maniera significativa il contesto europeo aprendo nuovi scenari e opportunità potenzialmente da cogliere. È una strada difficile da percorrere ma è giusto fare un tentativo concreto.

15) Si potrebbe affermare che l’intera operazione del trasferimento dei Punti Franchi da parte del prefetto su indicazioni precise dell’APT ha trovato un punto di svolta proprio nel confronto con le rivendicazioni indipendentiste? 
Anche se in netto contrasto ad esempio sull’utilizzo del Porto vecchio questo confronto cittadino ha determinato una attenzione che nel bene o nel male ha portato ad alcune decisioni?

No, semplicemente il mio emendamento ha dato gli strumenti legislativi – che prima non c’erano - per portare avanti l’operazione con una chiarezza normativa che prima non c'era. Non è un caso se da quel momento le rivendicazioni autonomistiche sono molto scemate dimostrandosi anche alla prova elettorale poco credibili rispetto alle nuove opportunità aperte dallo sblocco di PV.

16) La stessa proposta di città metropolitana potrebbe coincidere con una NO tax area della proposta Serracchiani ?

Sono due progetti diversi – compatibili - che viaggiano su binari paralleli. Certamente la no tax area si accompagnerebbe bene alla nascita della città metropolitana: per questo ribadisco la necessità di trovare la volontà politica per andare oltre i soliti bisticci di campanile e realizzarla al più presto. Sarebbe un'occasione straordinaria per mettere il nostro territorio in condizione di intercettare risorse e opportunità che l'Unione Europea riserva tutte le aree metropolitane di diversa grandezza e dal punto di vista istituzionale sono convinto sia l’evoluzione naturale per la nostra città dopo la scomparsa delle Province. Mi dispiace che, ancora oggi, manchi in tanti il coraggio di dirlo apertamente, ma sono ottimista. Il consenso largamente maggioritario dei cittadini sono certo convincerà anche chi è oggi dubbioso ad un'azione congiunta che superi le divisioni politiche.


2 commenti:

  1. 😂😂😂😂😂😂😂 fantasie de cecco xe qeste!!!

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  2. #PortoVecchio #Trieste #NoTaxArea
    COMMENTO ALL' INTERVISTA DEL SEN RUSSO A FAQ-TRIESTE: "NON HO IDEA..." -
    "Non ho idea di perchè ho fatto varare una legge per togliere il Punto Franco di Porto Vecchio se invece adesso mi sembra bello metterci anche un Centro Finanziario Off-Shore e una No Tax Area che lo deve necessariamente utilizzare..."
    Continua articolo sul blog: http://rinascitats.blogspot.it/2016/09/commento-all-intervista-del-sen-russo_20.html

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