1) Le abbiamo
proposto questa intervista con la premessa che non saranno domande agevoli o
compiacenti.
La vicenda per quanto La riguarda inizia con l’approvazione del
suo emendamento che sdemanializza il Porto vecchio, e fissiamo la data che è il
20 dicembre 2014. Per completare l’informazione possiamo raccontare che tra i
tanti incontri che Lei ha avuto prima di presentare l’emendamento ha incontrato
anche una parte dei collaboratori del nostro blog. Lo ha fatto sapendo che
c’erano delle contrarietà ma giustamente voleva raccogliere anche le obiezioni
prima di passare all’azione parlamentare. Qual è il suo bilancio dei risultati
a meno di due anni dal blitz parlamentare sulla sdemanializzazione?
Mi
fa piacere venga ricordato che prima della mia azione parlamentare ho dedicato
spazio e tempo al confronto con i cittadini. C’è chi mi ha rinfacciato di aver
fatto le cose di nascosto al di fuori della legge…
Quanto
al bilancio, come ho già avuto modo di sottolineare più volte, credo che,
seppure con un eccesso di lentezza, in questi mesi siano stati fatti alcuni
importanti passi in avanti. Penso soprattutto alla complessa procedura di
spostamento dei punti franchi portata a compimento con successo assieme al Commissario
D’Agostino e al Segretario Generale Sommariva e grazie al grande impegno della
Prefetta Garufi. C’è chi diceva che il mio emendamento avrebbe soppresso i
punti franchi, invece in accordo anche con le indicazioni degli spedizionieri e
degli operatori, non solo non sono stati soppressi ma sono stati spostati lì
dove, in effetti, possono essere utili. In Porto Vecchio, sia per lo stato di
abbandono in cui versa l’area, sia per le diverse esigenze che la portualità
moderna richiede, erano pressoché inutili.
Allo
stesso modo, con grande onestà, trascorsi due anni rilevo che, qualcosa in più
poteva essere fatto e che serve ora un cambio di velocità. Mi riferisco in
particolare al modello di gestione futura dell’area, su cui, finora non si è
lavorato. Il Comune non ha ancora individuato chi, con quali risorse e in che
modo gestirà concretamente la riqualificazione dei magazzini. È assurdo pensare
che il Sindaco o un assessore lavori part-time al progetto. Serve un soggetto
competente che si occupi a tempo pieno del dossier.
Io
ho proposto la creazione di una società pubblica, con una struttura snella e
gestita da un manager preparato ed esperto in riqualificazioni di grandi aree
urbane in cui la maggioranza sia detenuta dal Comune di Trieste ma preveda, ad esempio,
partecipazioni anche da parte della Regione, dell’Autorità Portuale e di
Invitalia, l’Agenzia Nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo
sviluppo d’impresa. Questi tre soggetti, insieme al Comune, potrebbero
contribuire inizialmente con risorse necessarie alla fase di start-up.
Tutto
ciò sarebbe già potuto essere realizzato da parte della giunta Cosolini e spero
che adesso la nuova Amministrazione non perda ulteriore tempo. Qualcuno si è un
po' risentito di questa mia insistenza sottolineando come io non abbia
esperienza amministrativa. Peccato che questa indicazione sia arrivata
direttamente dal Presidente ANAC Cantone - che mi sembra abbia gestito in
maniera egregia il dossier di Expo - con cui ho avuto più volte occasione di
confrontarmi e che peraltro è venuto personalmente a visitare l’area.
2) Vediamo ora uno a
uno i vari passaggi critici che noi avevamo riassunto nelle domande sulla
magica sdemanializzazione.
Lei e gli altri
politici vi riferite sempre agli investimenti necessari per l’area del PV
dimenticando che il ragionamento dovrebbe partire dal valore stimato di
quell’area. Se l’operazione di sdemanializzazione punta alla vendita di quelle
aree a che prezzo è giusto che il Comune le metta in vendita? Esiste una stima
fatta dall’Agenzia del Territorio del valore di quelle aree ?
Dal
mio punto di vista spetta alla parte pubblica attraverso la società di gestione
e con la competenza dell’advisor, quantificare il valore dell’area per poi
verificarlo con gli orientamenti del mercato. Io di certo (come nessun altro
politico...) posso avere competenze così specifiche per rispondere ora
con una stima realistica.
Personalmente,
però, non considererei un problema vendere o dare in concessione l’area ad un
prezzo più basso a patto che tutti gli oneri urbanizzazione primaria (strade,
fogne, illuminazione pubblica, rete di distribuzione energia elettrica e gas,
aree per parcheggio, infrastruttura ione tecnologica), siano a carico dei
privati.
3) Se non si
stabilisce un valore minimo ben definito si rischia di cedere sottoprezzo un
bene pubblico con il conseguente danno erariale?
Non
credo proprio sia questo il rischio. Le manifestazioni informali di interesse
ci dicono che potrebbero non mancare i pretendenti. Ma va detto che il valore
di un'area così particolare non è definibile a tavolino, magari da un dirigente
del Ministero. E voglio sottolineare che il nostro primo obiettivo non è quello
di "fare cassa" quanto quello di ottenere investimenti che
trasformino quel sito dandogli valore aggiunto e portando sul nostro territorio
imprenditori e attività economiche che creino sviluppo per Trieste e per i
triestini nei prossimi 50 anni.
4) Ora per poter
vendere quelle aree il Comune deve diventare proprietario a tutti gli effetti e
qui scatta l’operazione di intavolazione (con tutti i problemi che comporta) ma
scattano anche i costi della procedura. L’emendamento non prevede indennizzi al
Comune per le spese sostenute ed è netto sul fatto che tutto il ricavato delle
eventuali vendite andrà all’Autorità Portuale.
Quindi il Comune metterà nel suo
bilancio queste proprietà, spenderà i soldi dei contribuenti per entrarne in
possesso e poi verserà tutti i ricavati all’APT. Questo metodo come regge dal
punto di vista delle spese e ricavi del comune in particolare ?
Dei
50 milioni che sono arrivati dal Ministero una parte servirà anche a sostenere
una parte dei costi necessari a far partire la procedura di recupero dell’area.
Ma evidentemente non basta: ecco perché continuo a insistere sulla creazione di
una società pubblica a maggioranza del Comune ma partecipata anche da Regione,
Autorità Portuale ed Invitalia. In questa prima fase di start-up una parte dei
costi possono essere sostenuti da soggetti diversi. Ad ogni modo voglio
sottolineare che nella legge nulla vieta (e nel caso servisse scriveremo una
norma che lo specifichi) che il Comune destini i proventi delle cessioni
all'Autorità Portuale dedotti i costi sostenuti in questi anni. Ma davvero
spero che nessuno utilizzi questo tema o la presunta difficoltà di
intavolazione per prolungare i tempi al di là di qualche fisiologica settimana
di lavoro.
5) Analogo
ragionamento va fatto per quanto riguarda gli investimenti che il pubblico –
Comune o anche i 50 milioni del Ministero dei Beni Culturali – farà per rendere
conveniente l’acquisto delle aree da parte dei privati. Anche qui soldi
pubblici che a fine operazione andranno nelle casse dell’Autorità portuale.
Riconosciamo che l’emendamento prevede che l’APT investirà questi ricavi nel
potenziamento del Porto nuovo e quindi i soldi troveranno un impiego produttivo
ma rimangono alcune zone oscure in questi passaggi. Cosa succederà se poi non
ci saranno acquirenti o se vendendo a prezzo di mercato si tratterà di una
svendita?
Non è facile
realizzare ottimi ricavi quando nella stessa operazione il prezzo finale viene
determinato da una lunga trattativa tra investimento pubblico e privato!
Io
proverei a essere un po’ più ottimista. Sia riguardo alla capacità
d’interazione tra pubblico e privato, sia sulla possibilità di trovare
investitori disposti a pagare il “prezzo giusto” per la concessione o
l’acquisto delle aree di Porto Vecchio. In questi due anni ho avuto la
possibilità di parlare più volte sia con broker immobiliari che lavorano sulla
piazza di Londra, sia con esperti che, all’interno delle società di consulenza,
hanno un expertise particolare sul recupero di grandi aree industriali
cittadine. Tutti mi hanno confermato che l’area è potenzialmente appetibile.
Anche perché, guardando il contesto macroeconomico attuale, in un periodo in
cui in un le rendite finanziare garantiscono ritorni molto bassi, sono convinto
che un investimento come quello in Porto Vecchio - probabilmente l’area libera
più pregiata nel Mediterraneo, fronte mare in una delle città più belle
d’Europa - può davvero rappresentare un’ottima opportunità di investimento per
molti fondi internazionali. Penso ai grandi fondi sovrani degli Emirati Arabi
Uniti, del Qatar, della Norvegia, Cina e Singapore oppure a multinazionali
immobiliari come Hines tanto per fare alcuni esempi.
UNO DEI TANTI MASTERPLAN PRESENTATI |
6) Il Sindaco
Dipiazza, l’ex sindaco Cosolini e Lei parlando della possibilità di realizzare
un recupero del porto vecchio simile a quello di altre città come Amburgo,
Genova e Barcellona citate i 650.000 metri quadrati come una grande
opportunità.
Gli esempi relativi alle altre città hanno dimensioni demografiche
e contesti territoriali con cui interagiscono economicamente molto più grandi.
Quindi bilanci cittadini più ricchi. Poi le dimensioni effettive delle aree recuperate
sono più piccole. Lei è certo che una grande area sia un vantaggio e che invece
l’ampiezza della zona da ristrutturare non sarà un problema perché serviranno
tanti più soldi ?
Questa
è un’operazione che va finanziata al 99% con investimenti privati. Come è noto
a tutti né il Comune, né la Regione, né l’Autorità Portuale, né il Governo
centrale hanno la possibilità di investire miliardi di euro in Porto Vecchio.
La
grandezza dell’area che ovviamente moltiplica il coefficiente di difficoltà
dell’operazione non mi sembra essere uno scoglio insormontabile. E a detta
degli operatori specializzati moltiplica anche le opportunità di far coesistere
diverse iniziative in grado di valorizzarla. A patto che si affronti, fin da
subito, il dossier in maniera professionale, così come, ad esempio, vengono
gestite tipologie di investimenti simili a Londra, Madrid, Barcellona o Milano.
Serve una visione unica e chiara su quali siano le direttrici di sviluppo da
seguire nel progetto di riqualificazione. Questo è un lavoro, lo ripeto, che io
affiderei alla società che dovrà gestire il recupero dell’area assieme
all’advisor. Una volta individuata la percentuale della superficie adibito ad
esempio al verde pubblico, alle attività commerciali industriali, a quelle
culturali e di ricerca, alla nautica, al turismo, al residenziale il passo
successivo è contattare una grande banca d’affari internazionale che aiuti la
società di gestione dell’area e il Comune, ad allacciare i contatti con gli
investitori potenzialmente interessati.
7) L’area del PV è
regolata dal Piano generale del Porto che dovrà essere integrato nel Piano
Regolatore Comunale quando ci sarà il passaggio della proprietà. A quel punto,
visti anche i discorsi sulla necessità di inserire una parte residenziale per
non avere un deserto notturno, andranno riviste le destinazioni d’uso? Quali
conseguenze sui tempi? Quale imprenditore investe oggi senza certezza di
procedure e di tempi?
Io
credo che una piccola parte di residenziale sia auspicabile. Non si può tenere
un quarto della città "fantasma" nelle ore notturne. Per quanto
riguarda la quantificazione dei tempi è una domanda da fare al Sindaco, non a
me. È chiaro che servono tempi certi: ma più dei processi burocratici a me
preoccupa la volontà politica. So che il Sindaco Dipiazza è favorevole a una
percentuale di residenzialità in Porto Vecchio ma dovrà certamente chiarirsi
con alcune anime della sua coalizione per offrire tutte le garanzie necessarie
ai futuri investitori.
8) I cinquanta
milioni stanziati dal Ministero dei beni Culturali, vista l’origine dei fondi –
la cultura - , hanno condizionato le possibili scelte della nuova
amministrazione comunale. Quindi la realizzazione di un Attrattore Culturale
Transfrontaliero è quasi un obbligo per ricevere i finanziamenti.
Il sindaco
Dipiazza ha affermato in conferenza stampa che se tutti i 50 milioni fossero
stati per le infrastrutture ovviamente il progetto sarebbe stato diverso. Lei
crede che i 16,5 milioni saranno sufficienti per l’illuminazione, gli
insediamenti nuovi non meglio precisati nel magazzino 26 e la nuova strada
“dorsale” lungo tutto il PV ?
Quei
soldi ovviamente bastano solo per i primissimi interventi relativi al polo
culturale e museale su cui so che si sta già proficuamente lavorando. Ma, come
ho più volte ripetuto, mancano le risorse per il rimanente 99% dell'area e
l'esperienza di altri Paesi ci dice che spetta agli investitori privati
realizzare l'infrastrutturazione. Alla parte pubblica compete definire gli
standard di eccellenza e magari suggerire per la parte di tecnologia
d'avanguardia la collaborazione con il sistema scientifico triestino.
9) La parte del PV più pregiata è quella dei
cinque magazzini in concessione a GreenSisam perché è la più vicina al centro
cittadino. Dalla concessione a Greensisam del 2004 è iniziata una lunga
vertenza anche giudiziaria sui lavori di urbanizzazione dell’area (sistemazione
del torrente Chiave e fognature la fetta più importante e costosa) tra Comune,
la società che fa capo a Pierluigi Maneschi e l’ApT. Secondo Lei a chi spettano
i lavori e come vanno ripartite le spese ? Come giudica le affermazioni di
Cosolini sulla possibilità pressochè immediata di vendita da parte di Maneschi
? E la revoca al permesso a costruire dell’attuale sindaco Dipiazza è un atto
dovuto o una scelta politica?
Registro
solamente che i ritardi e le incertezze hanno fatto allontanare investitori
internazionali che si sono stufati di attendere mancanza di interlocutori.
Credo che se il Comune fosse già entrato in possesso dell'area si sarebbe
potuto già trovare il modo di risolvere il problema e di iniziare la
riqualificazione.
10) Noi comprendiamo
che per illustrare le tante potenzialità di un’area così vasta parlandone Lei
possa indicare anche la possibilità di un parco urbano sul modello di Central
Park a New York, ma è ovvio che un parco urbano non può generare quei profitti
necessari a ripagare gli ingenti investimenti. Ne conviene?
Questa
tipologia d‘interventi (penso al parco, ma anche alla spiaggia di Barcola)
rientrerebbero nei cosiddetti oneri di urbanizzazione. È una prassi piuttosto
comune in tutti i grandi progetti di riqualificazione di aree urbane: il
soggetto pubblico cede l’area a privati e oltre a incassare i proventi
derivanti dalla vendita, inserisce nelle clausole dell’accordo anche l’obbligo
da parte dell’investitore di realizzare una o più opere destinate alla
collettività. Inoltre questi progetti di pubblica utilità sono anche utili a
qualificare e rendere più attrattiva l'area. Un albergo accanto ad una bella
spiaggia o un ufficio con vista su un grande parco valgono certamente di più...
11) C’è un calo
demografico documentato, ci sono aree dismesse (Fiera, caserme, ecc.) in città,
grossi gruppi finanziari hanno messo in vendita i loro patrimoni immobiliari.
Lei vede profilarsi il rischio di una perdita di valore delle aree e degli
immobili con un lungo periodo di svendite? C’è ancora la necessità di
cementificare altre zone o tutta l’edilizia deve dedicarsi esclusivamente al
recupero e riammodernamento dell’esistente che è già sovrabbondante?
Bisogna
innanzitutto analizzare le cause per le quali in una città come Trieste, negli
ultimi 10 anni, gli immobili hanno perso mediamente il 30% del loro valore,
molto più di quanto avvenuto in altre città italiane. Trieste, è una città
progettata per accogliere tra i 250.000 e i 300.000 abitanti: oggi i residenti
superano di poco le 200.000 unità e ogni anno continuano a diminuire. Se non
invertiamo questo trend il rischio che gli immobili triestini continuino a
deprezzarsi è reale.
L’operazione di riqualificazione di Porto Vecchio serve
anche a questo: il problema non è semplicemente trovare i soldi per
riqualificare i magazzini. Il punto centrale è attrarre nuove attività
produttive, turismo, centri direzionali di grandi multinazionali. Porto Vecchio
è l’occasione per ricostruire un tessuto economico che in questi anni a parte
alcune (poche) eccezioni sta subendo un declino lento ma inarrestabile. Una
cosa, però, deve essere chiara a tutti i decision makers che, a vario titolo,
avranno accesso al dossier di riqualificazione dell’area: non possiamo pensare
di ristrutturare Porto Vecchio semplicemente per trasferirvi attività che sono
già insediate in altre parti di Trieste. Significherebbe mettere una pietra
tombale sul progetto e sulla possibilità di rilanciare l’economia triestina.
Questa, invece deve essere l’occasione (probabilmente l’ultima dopo le tante
perse tante negli ultimi 30 anni) per aprire la nostra città ai mercati
internazionali, invertire il trend demografico, ripopolare la città attraendo
investimenti e giovani energie da tutto il mondo.
12) A quale soggetto
spetta la definizione del progetto conclusivo che armonizzi le scelte comunali,
culturali, dell’APT che rimane a gestire l’area demaniale della banchina e
della costa ? Quale autorità stabilirà ad esempio le compatibilità tra il
progetto di una stazione marittima per navi da crociera all’Adriaterminal con
il progetto complessivo ? A chi spetta redigere il piano complessivo sul Porto
vecchio ? Quale il ruolo dell’Advisor ?
La
legge affida al Comune, d'intesa con i principali soggetti pubblici e
utilizzando le competenze di consulenti come l'advisor, la responsabilità sulle
linee guida strategiche per il miglior utilizzo dell'area. Poi, come gia detto
in precedenza, è necessario creare in brevissimo tempo una società pubblica
incaricata della gestione dei processi.
13) Se mettiamo
accanto l’invito a chiudere le polemiche del sindaco Dipiazza e la sua
disponibilità a collaborare per la riuscita dell’operazione Porto Vecchio non
ci sarebbero domande “politiche “ da farLe.
Proviamo con le
istanze indipendentiste. Lasciando perdere alcune esagerazioni e provocazioni
la ripresa dei temi indipendentisti ha svolto un ruolo nella sdemanializzazione
del Porto vecchio? Queste rivendicazioni hanno accelerato le reazioni “romane”
che per tanti anni avevano accantonato le questioni ?
Onestamente
faccio fatica ad essere d’accordo: l’accelerazione non è dovuta alla pressione
indipendentista ma piuttosto a una nuova classe politica che a Roma è riuscita
dove altri, per decenni, avevano fallito. In questi anni abbiamo lavorato su
ciò che era realistico per far crescere la nostra città, compresa la
valorizzazione dei Punti Franchi anche riprendendo il tema dei decreti
attuativi che sono ora sul tavolo del Ministero.
14) Questo rinnovato
interesse per il Porto Franco Internazionale e l’applicazione dell’Allegato
VIII ha influito sulle dichiarazione della presidente Serracchiani a favore di
una No tax area a Trieste ?
Il
tema della no tax area a Trieste è stato affrontato più volte, non è una
novità. Negli anni 90 Alfonso Desiata, presidente delle Assicurazioni Generali
assieme a Guido Carli, ex governatore della Banca d’Italia, Sergio Coloni ed
altri proposero un centro offshore di servizi assicurativi e finanziari in
Porto Vecchio. Non ci furono le condizioni politiche per attuarlo, soprattutto
in Europa.
Oggi
– ed è il motivo per cui la presidente Serracchiani ha fatto un passo in questa
direzione – la Brexit sta modificando in maniera significativa il contesto
europeo aprendo nuovi scenari e opportunità potenzialmente da cogliere. È una
strada difficile da percorrere ma è giusto fare un tentativo concreto.
15) Si potrebbe
affermare che l’intera operazione del trasferimento dei Punti Franchi da parte
del prefetto su indicazioni precise dell’APT ha trovato un punto di svolta
proprio nel confronto con le rivendicazioni indipendentiste?
Anche se in netto
contrasto ad esempio sull’utilizzo del Porto vecchio questo confronto cittadino
ha determinato una attenzione che nel bene o nel male ha portato ad alcune
decisioni?
No,
semplicemente il mio emendamento ha dato gli strumenti legislativi – che prima
non c’erano - per portare avanti l’operazione con una chiarezza normativa che
prima non c'era. Non è un caso se da quel momento le rivendicazioni
autonomistiche sono molto scemate dimostrandosi anche alla prova elettorale
poco credibili rispetto alle nuove opportunità aperte dallo sblocco di PV.
16) La stessa
proposta di città metropolitana potrebbe coincidere con una NO tax area della
proposta Serracchiani ?
Sono
due progetti diversi – compatibili - che viaggiano su binari paralleli.
Certamente la no tax area si accompagnerebbe bene alla nascita della città
metropolitana: per questo ribadisco la necessità di trovare la volontà politica
per andare oltre i soliti bisticci di campanile e realizzarla al più presto.
Sarebbe un'occasione straordinaria per mettere il nostro territorio in
condizione di intercettare risorse e opportunità che l'Unione Europea riserva
tutte le aree metropolitane di diversa grandezza e dal punto di vista
istituzionale sono convinto sia l’evoluzione naturale per la nostra città dopo
la scomparsa delle Province. Mi dispiace che, ancora oggi, manchi in tanti il
coraggio di dirlo apertamente, ma sono ottimista. Il consenso largamente
maggioritario dei cittadini sono certo convincerà anche chi è oggi dubbioso ad
un'azione congiunta che superi le divisioni politiche.
😂😂😂😂😂😂😂 fantasie de cecco xe qeste!!!
RispondiElimina#PortoVecchio #Trieste #NoTaxArea
RispondiEliminaCOMMENTO ALL' INTERVISTA DEL SEN RUSSO A FAQ-TRIESTE: "NON HO IDEA..." -
"Non ho idea di perchè ho fatto varare una legge per togliere il Punto Franco di Porto Vecchio se invece adesso mi sembra bello metterci anche un Centro Finanziario Off-Shore e una No Tax Area che lo deve necessariamente utilizzare..."
Continua articolo sul blog: http://rinascitats.blogspot.it/2016/09/commento-all-intervista-del-sen-russo_20.html