PADOVA. Aumentano i traffici al Porto di
Trieste: +27% i treni per 7.631 convogli nel 2016 ma cresce anche
l'occupazione: 225 assunti in due anni. Perché, spiega il presidente
dell’Autorità Zeno D’Agostino, il driver deve essere la «qualità, non solo la
quantità». Veronese, classe 1968, D’Agostino ha festeggiato due anni di mandato
lo scorso 24 febbraio, tre giorni prima dell’addio del collega Paolo Costa dal
Porto di Venezia.
«Dobbiamo portare a casa la polpa, non
possiamo valutare un porto solo in base ai container che entrano ed escono: non
c’è crescita se non c’è produttività - spiega D’Agostino -. Servono logistica e
industria e il nostro obiettivo è di utilizzare meglio i 2,3 milioni di metri
quadri di zona franca del porto».
Cosa significa,
presidente?
«Grazie a un emendamento della
Finanziaria 2015, l’Autorità può trasferire e ampliare 700 mila metri quadri
fuori da Porto Vecchio in altre zone della provincia. Sono già partite le
trattative commerciali con diversi soggetti industriali perché qui possiamo
creare nuova manifattura».
Un esempio?
«Pensate se un’azienda automobilistica
decidesse di portare a Trieste la sua fabbrica di auto per servire l’Europa con
almeno un 40% di consegne in Ue: può realizzarla sapendo che, su quello che
produce lì e sui componenti, non paga un euro alla dogana finchè non esce dal
punto franco. Ci siamo dimenticati che anche i porti in Italia sono state aree
industriali, e che possono tornare a esserlo».
Il master plan
approvato che investimenti prevede?
«Un miliardo di euro e il piano
regolatore è già stato approvato nel 2016. Significa che se arriva un
investitore e vuole mettere soldi e costruire ha l'ok a procedere. Stiamo già
trattando con vari interlocutori. L'obiettivo, tolte le infrastrutture a
servizio comune che sono le ferrovie e la stazione di Campo Marzio, è che il
60% sia a carico e resti in mano ai privati. Un quinto di questo investimento
per 188 milioni è tutto sul molo VII, finanziato dalla società Tmt del gruppo
Maneschi-Msc».
Intermodalità e
diversificazione, sono queste le parole chiave del suo mandato?
«Oggi da Trieste le merci arrivano via
treno fino a Kiel con servizio diretto, siamo collegati da Bettembourg a
Budapest con un ventaglio di offerta Ovest-Est non da poco. Abbiamo
rivoluzionato la manovra ferroviaria che è il movimento che dalla stazione
porta il treno sui terminal marittimi e viceversa: oggi ci costa il 40% in meno
e abbiamo giocato la nostra competitività qui».
E la rete ferroviaria?
«Di infrastrutture ne abbiamo tante ma
spesso non le usiamo. Noi abbiamo valorizzato l'esistente prima di costruire
altro. Trieste ha un’accessibilità marittima perfetta con 18 metri di pescaggio
e non esiste nave che non possa entrarvi, ma la competitività oggi si gioca a
terra. Sulla ferrovia Trieste-Tarvisio abbiamo pochi adeguamenti e sono già
stati previsti da Rfi. L'investimento maggiore è nella stazione di Campo Marzio
dove Rfi investirà 50 milioni per adeguare i binari a 750 metri di lunghezza
che ci permetteranno di allungare i treni su standard europei. L'Autorità
portuale aggiungerà altri 20 milioni per le infrastrutture lato porto e
riattivare un tunnel verso Sud dove stiamo costruendo la piattaforma logistica».
L'accessibilità
terrestre è altrettanto perfetta?
«Stiamo utilizzando una storica galleria
ferroviaria degli anni ’60 che permette di bypassare la città dalla stazione di
Campo Marzio con uscita a Barcola e poi verso la rete, senza incrociare la
viabilità cittadina».
«Più 68% in due anni grazie anche agli
interventi sull'organizzazione ferroviaria. Dietro il Porto abbiamo 4
interporti: Fernetti, Gorizia, Cervignano e Pordenone che non hanno oggi
traffici ferroviari esaltanti. La logica è di collegarli, metterli in rete e
far sì che siano governati da un soggetto unico che pianifichi l'attività del
porto e anche dei suoi satelliti».
Cosa c’è in rete
adesso?
«Al momento solo l’interporto di Trieste
(Fernetti) ma abbiamo aperto un tavolo romano per nuovi adeguamenti a
Cervignano ad opera di Rfi. Stiamo ragionando sulla messa a sistema di Opicina,
senza dimenticare che a giorni, con l'Autorità di sistema portuale del mare
Adriatico orientale, arriverà il decreto che inserirà dentro l'Autorità anche
Monfalcone».
E con gli interporti
veneti?
«Con Padova lavoriamo con due-tre treni
a settimana, operiamo anche su Milano, Bologna, Novara e Cremona; abbiamo una
buonissima capacità ferroviara sull'asse Nord e a Est ma quando andiamo verso
Ovest troviamo centri intasati e diventa problematico. Sarebbe da trovare una
complementarierà tra il ruolo di Trieste e Venezia».
Ma Venezia e Trieste
sono concorrenti sul traffico merci?
«Se guardiamo al settore container che
oggi va di moda e sembra l'unica misura per indicare il valore di un porto
(metro che non condivido), vedo oggi due porti che fanno due mestieri diversi
senza alcun conflitto. Venezia è il porto di riferimento per import-export del
Triveneto mentre Trieste ha un ruolo di import-export verso mercati extra
nazionali: per l'80% sono infatti tutte merci che vanno e vengono oltre
confine. Venezia poi lavora nell'infra-Mediterraneo con navi adeguate al suo
pescaggio, noi lavoriamo molto con il Far Est e navi ben più grandi da 14 mila
teu ma ci stiamo già attrezzando per le 18 mila».
Cosa potrebbe cambiare
con l'offshore di Venezia?
«L’offshore non ci
porta via neanche un container. Ma sarò tranchant: se
si tratta di una bella idea ci scommetta un privato che dia prova della
sostenibilità del business. Ma temo non arriverà nessuno, se non le casse dello
stato. E il tema lo evidenzio non da presidente del Porto ma da cittadino
italiano».
Sulla crocieristica
che obiettivi ha Trieste?
«Nessuno vuole toccare il ruolo
predominante di Venezia che è città leader e anche la più bella del mondo. Ma
siccome vedo navi da crociera fino a Capodistria, penso che anche Trieste valga
la pena di una toccata. Quest'anno facciamo 140 mila passeggeri e credo che,
anche se arrivassimo a 500 mila, nulla toglieremo a Venezia. Ma ripeto: bisogna
iniziare a ragionare per complementarietà».
Spieghi meglio….
«Visto che il mestiere
che fa Trieste per il 35% è legato al transhipment (scarico
e ricarico in porto di container, ndr), mi chiedo
perché se lo facciamo noi anche Venezia debba attrezzarsi per questo mercato
con l'off shore. Mi chiedo anche perché una nave dovrebbe scegliere di
approdare su un'isola, con poi una rottura di carico per arrivare a terra e
forse costi in più, rispetto all'entrata diretta in porto. Specie ora che il
container lavora sotto costo. Tutti hanno navi ma bisogna riempirle. Noi su 486
mila contanier ne abbiamo fatti 436 mila pieni: il 90%, ma di norma il dato
statistico è di un terzo».
Quanto può ancora
aumentare il traffico da Trieste?
«Sulla linea ferroviaria fino al
Tarvisio facciamo 126 treni al giorno (passeggeri e merci) ma la capacità è di
240: abbiamo quindi un residuo di 114 e in pratica possiamo trasportare via
ferro 2 milioni di teu l’anno».
La linea è adeguata?
«Non solo è adeguata ma qui a Nordest
abbiamo storicamente una sagoma dei tunnel a 4,15 metri di altezza che ci
permette caricare i semirimorchi ed è questa la ragione per cui abbiamo
intercettato il traffico turco che è tutto su semirimorchi».
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RispondiEliminaVenezia e Trieste due distinte vocazioni Emporiali.
RispondiEliminaPurtroppo ormai da troppo tempo nel nostro Paese in merito a vocazioni Emporiali dei singoli Territori e finanziamenti da elargire per realizzare le opere, si ha la netta sensazione che questi non sono temi tenuti i debita considerazione dai nostri Politici, poiché sembra interessi più la tutela del consenso Elettorale, uno degli esempi eclatanti forse potrebbe essere anche l'operazione "Offshore Veneziano" ed a tal proposito penso che per contrastare la realizzazione dell'opinabile opera ci sia soltanto una soluzione realmente percorribile, bisogna finalmente ed umilmente rendersi conto che l'attuale assetto infrastrutturale della Portualità dell'Alto Adriatico non ci consente di poter sfruttare appieno, le 4.000 miglia di vantaggio nei confronti degli Scali Nordici, la Strategicità della Regione F.V.G., i profondi fondali presenti sulle Banchine dello Scalo Triestino, e tantomeno le notevoli potenzialità del Corridoi Baltico Adriatico, e che quindi per captare una significativa quota dei Traffici in transito nel Mediterraneo bisogna pianificare una serie di corposi investimenti non più a pioggia come avveniva in passato e che non risolvevano i problemi di nessuno, ma mirati per realizzare alcune infrastrutture che per dimensioni e potenzialità possano almeno in parte realmente assomigliare a quanto hanno fatto e stanno facendo gli Amministratori delle Portualità del Nord Europa.
In tema di esigenza di rilancio della Portualità Adriatica, credo che la razionalità suggerebbe che per incrementare alcune tipologie di Traffici che richiedono fondali elevati come le merci containerizzate, sarebbe il caso di puntare esclusivamente "sul Golfo di Trieste" dove i fondali peraltro anche protetti da tre Dighe Foranee ci sono già, ma se gli Amministratori della Regione F.V.G. e dello Scalo per varie ragioni non saranno in grado di generare adeguati consensi o di stipulare accordi sia a livello Nazionali che Internazionali con Armatori Terminalisti Investitori, per poter attrarre sufficienti risorse che ci consentano di pianificare e cantierizzare un corposo ammodernamento delle Infrastrutture dello Scalo Triestino, per adeguarle a quelle che sono le attuali notevoli esigenze dei flussi merceologici, sarà molto arduo poter vanificare o bloccare la pur discutibile iniziativa Veneziana e per noi rimarrà pure soltanto un semplice miraggio anche l'eventualità di poter assumere in futuro un significativo ruolo tra i Hub Mediterranei di riferimento per "le Future Vie della Seta".
Brunello Zanitti Giuliano
http://sceltemancate.trieste.it